Rosicchio la sera,
rompo il guscio del tempo col dente aguzzo di anni che mi hanno lavorato la bocca a scalpello,
sfondo la ghianda di quest’ora nera e del minuto mordo il frutto,
l’istante levato al grembo della notte,
figlio diurno che nell’alto del palato sorge e poi tramonta. Nella mia gola da castoro.
Arriverá, sará tuo
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