martedì 27 dicembre 2011

Per un pugno di neve


Vado per migrazione contraria,
mi trascino fuori dall’inverno con l’ala incagliata nell’ultima estate,
annodo le piume allo scarto del fieno, alla paglia bruciata dal sole. 
E’ la stagione esaurita, il gancio che mi tira,
quell’Agosto di fuoco spento e cenere sbriciolata sulla riva. 
Sono le conchiglie frantumate, le corde che m’imbragano il volo,
la cozza rotta contro lo scoglio, il mollusco aperto al vento. 
Tutti muovono a terraferma, baraccati sopra la neve fresca, forti di scarponi nuovi, a contendersi il metro quadro di un bianco intatto.
Io sollevo i piedi, buttata all’indietro m’allargo al disuso del mare. 
Sia pure alga nella testa e petrolio nel respiro, 
sopra o sotto l’acqua io continuo a volare.
Non ci resto impalata al suolo, stanca di guerra per un pugno di neve.

domenica 18 dicembre 2011

Chi alla vita sviene.


Maceriamo negli impegni, siamo ciliegie sotto spirito,
il grado alcolico del fare ci manda in nebbia gli occhi, svapora la vista e disperde la ragione.
Chiusi nei nostri barattoli, poggiamo sul fondo spesso di un’agenda piena,
il sughero del prossimo appuntamento è tappo che ci separa dal cielo.
Poco importa se la stella polare fugge a sud e il mondo si trova col sangue alla testa,
basta che la circolazione dei giorni segua il flusso degli affari,
la geometria di un barattolo pronto a farci merce da mercato.
Sul banco della fiera verremo esposti alla destra della mostarda, alla sinistra del cotechino. 
Noi, sopra il fieno degli acquisti, sotto la capanna dei consumi.
Al centro pieno della notte santa.
Fieri di esserci guadagnati il posto del Bambino Gesù, 
con un corpo di ciliegia sbronza,
e il coma etilico di chi alla vita sviene.

lunedì 12 dicembre 2011

La tappezzeria di una stanza

E’ carta da parati, questo mio corpo attaccato al muro, 
fiore straccio che cerca colla a ricomporsi, spiegato e intero sul cemento. 
Mi penzola la testa, senza l’adesivo di uno sguardo cadrò in terra, 
sarà vernice bianca la mia assenza, intonaco nudo che si vergogna.
Datemi il fissaggio forte di un faccia a faccia, 
e vi lascio il fiore al muro, e non strappo via il decoro. 
Avete occhi per salvare, 
la tappezzeria di una stanza.


sabato 10 dicembre 2011

Se la ride il cielo.


Se la ride il cielo,
con la sua chioma di stelle accese,
se la ride la notte,
con la sua acconciatura di carboni spenti,
se la spassano lassù,
a sentire i pettegolezzi calvi delle nostre stempiate lingue,
noi parole con la piazza nuda in testa,
noi voci col berretto calcato in fronte,
nascondiamo sotto la lana questa caduta precoce del senso,
in bocca un dire da capelloni convinti,
in terra ciocche pronte a smentirci.


sabato 3 dicembre 2011

Preghiera spenta


E adesso che ogni preghiera si è spenta, 
lo stoppino della candela mi dorme contro, nudo tra l’attesa e il fianco. 
Io sfollata cattedrale invoco la visita di un rintocco, 
ma la campana per dispetto sequestra l’ora e trattiene il colpo.
Gli occhi dei santi puntati addosso, 
a molestarmi le mura e divorarmi le panche, 
(nessun fedele li distoglie con il grido del rosario). 
Tutti assenti e zitti, 
quando il mio altare cede, la croce crolla e Cristo nasconde la faccia.

All'occhio di bue


Noi a chiusura cocciuta,
andiamo nel fortino di un guscio che non si svita, 
uova sode di spavento, 
noi bolliti nella paura, duri per fiamma ricevuta,
traditi dal bagno dentro l’acqua, il nostro battesimo è stato ustione.
Noi a rotolare senza gambe, spinti da braccia che non hanno carne, arriviamo a fondovalle per guardare poi su in cima, che chissà quale fantasma ci ha fatti cadere giù. 
Nell’albume di calce asciutta, siamo tuorli murati vivi, costretti a sbattere l’uno contro l’altro per spaccarci le galere, 
mandare a pezzi sbarre e tombe per rinascere diversi.
Magari dentro a un tegamino, tutti fatti all’occhio di bue. 
Rotti ma liberi.Di mostrarci e di vedere.