lunedì 31 ottobre 2011

Lisca nuda


Seduta sulla riva a fumare il mare,
tiro alghe e coralli nei polmoni,
la triglia cade nella rete del respiro,
sbatte la coda contro lo sterno,
scambia il mio osso per una campana
e l’ora dell’abisso mi affoga il cuore.
Sommersa, cotta, tutta vapore.
Il mio corpo sgasa, grammo a grammo fugge e sale.
Eccomi, lisca nuda. Piatta e ferma sul fondale.

venerdì 28 ottobre 2011

Favola vera


La notte è fornello chiuso male, gas tossico il suo respiro rauco, 
d’orco che sfiata rabbia per una favola a lieto fine. 
Se il principe fosse morto, ci sarebbe aria pura e silenzio ora. 
Invece un chiasso di polmone e metano mi tiene sveglia. 
Provoca insonnia, il Tutti vissero felici e contenti.
Gli occhi restano aperti e increduli,
a chiuderli serve il bacio della principessa in bocca al rospo che tale resta. 
Così dormo in pace. 
Convinta che questa favola sia vera.

mercoledì 26 ottobre 2011

sullo scrivere- Per la vita in gola.

Scrivere è ridursi a misura piccola, entrare nella veste del bebè, chiudersi dentro la tutina di spugna e d'infanzia, scalciare a piede matto l'alfabeto di gomma che ci rimbalza addosso, farlo vorticare sopra la culla di uno stizzito pianto, lanciarlo dentro la rete del girello, per il goal del primo passo, il punto segnato di un primo verso....
Scrivere contro questo stare adulto,
stracciare la copia matura di altre copie già vecchie,
provare il testo nuovo di chi parla con la smorfia,
di chi racconta col singhiozzo, protesta con la pernacchia,
e gioca serio quando chiede latte.
E gioca duro per la vita in gola.

martedì 25 ottobre 2011

Il Gran Premio di un respiro


Ho un respiro abrasivo, graffio l’aria mentre vivo.
Levo pelle morta al vento, gli rimetto all’aria la ferita, 
sollevo la basculante di un dolore parcheggiato.
A spinta di polmone metto in moto quel taglio fermo, soffio contro la marcia in folle.
Faccio tosse affinchè la prima entri, tremo in bocca che così lui parte.
Parte il taglio, schiaccia sul pedale a tutto dolore e semina il vento, gli affumica la carne. 
Respiro polvere adesso, le ceneri dell’aria.
Di rombo e gas è  la notte.

domenica 23 ottobre 2011

Senzamadre


Ti strappi quando mi guardi,
butti ovatta dalle rughe, rompi il vetro che hai negli occhi,
bambola di pezza tu ciondoli le braccia, perdi il ciuccio dalla bocca,
strilli la tua fame fino a stordire la mia lingua.
Mi vuoi zitta e tonta, da non poterti versare una parola nel brodo né un pensiero nel latte.
Ti vedo,
donna centenaria e poppante.
Così vecchia di scodella e minestra,
così giovane di biberon e pappa,
confondi il numero degli anni.
A volte ti conto nonna, altre mi risulti figlia.
Vorrei che per una volta,
la tua somma mi desse Madre.

sabato 22 ottobre 2011

Acciuga secca


Io corpo di mare abbandono le acque, 
naufraga sulla riva m’inscatolo acciuga secca per sfamarti d’abisso e sale. 
Sfoglia la mia lamiera e pescami nel morso.
Sarò lisca tra i tuoi denti, 
ago nel molare a cucirti gli strappi dei respiri
e i buchi delle parole.

lunedì 17 ottobre 2011

Parola in mutande


Sono fatta di corde lente, 
canapa tradita dal nodo, ritorta sola e stanca, 
con l’invida per il giro stretto delle serpe e il gancio saldo della cinghia.
Vado senza sibilo né fibbia,
la mia lingua non si biforca e il calzone dalla vita casca. 
Dico a senso unico, 
con la mutanda che sbuca al mondo,
e la paura di farmi addosso
quella parola che cade dritta se non trattengo.

giovedì 13 ottobre 2011

Il trapianto


Pezzo di notte tra una costola e l’altra,
come briciola da dente a dente,
ad ogni morso d’aria batte,
contro la gengiva del cuore punge.
E s’infiamma il ventricolo destro
bucato quello sinistro,
respiro e mi guasto,
prendo aria e scavo carie,
finchè resta fosso nel petto
per il trapianto di una meteora che io so.
Adesso casca.

mercoledì 12 ottobre 2011

Nei cocci che siamo

Nei cocci che siamo, tenuti assieme per pietà di colla,
nelle cicatrici che portiamo a spasso, sguinzagliate per fame d'osso,
nei punti di sutura impicciati nelle ferite, sventolati per urgenza d'aria,
nelle balbuzie della carne, nelle sdentate parole del corpo, nelle dentiere rotte dei sensi,
nell'impreciso e nell'imperfetto che siamo. La verità sola che abbiamo.

(...contavo le rughe di mia madre, in quella somma trovavo verità, nel risultato di pieghe scritte sopra la fronte, nel numero di solchi arati sotto gli occhi, in quella cifra trovavo il diametro del suo grembo...lì riconoscevo la taglia che lei indossò per mettermi al mondo... lì stava il mio documento di figlia, non nella sbavatura del rossetto che il suo bacio mi lasciava in fronte..... )

domenica 9 ottobre 2011

Madre d'assalto

Madre d'assalto,
questa terra che mi sbaciucchia i piedi
fino a togliere fiato ai passi.
E vado strozzata,
a cercare il getto di latte che mi sturi la gola,
affinchè il sasso di figlia asfissiata voli fuori dalla bocca,
sopra le ali di uno sputo.

martedì 4 ottobre 2011

Tre quarti bambino e il resto uomo

Mio nonno stava tutto dentro un litro di vino, tre quarti bambino e il resto uomo.
In lui c'era l'uva calpestata, il grappolo offeso per la perdina dell'acino. Un viticcio pieno di abbandoni, l'orizzonte del suo sguardo.
Teneva la vista bucata del Gruviera servito in tavola. Occhi di latte vaccino, cotto sul fuoco e scoppiato in bolle. Occhi a crateri sparsi, cicatrici tonde dopo l'esplosione.
Era vino fermo nel pugno, mosso nella carezza. La rabbia gli toglieva gas dai nervi, con l'umore buono salivano bollicine nel sangue. Quando gli frizzava la mano, mi allungava la mancia. Toccavo la sua gioia, in una banconota da cinquemila lire.
Si dava a piccoli sorsi, per averlo non bisognava essere ingordi. Andava gustato piano, a trincarlo d'un fiato ci si pigliava una sbronza brutta da smaltire.
Nonno aveva la gradazione alcolica del monte Everest, bisognava salirci legati alla cinghia di sicurezza, passo ragionato e attento al vuoto di sotto.
Qualcuno si ubriacò di lui. E pagò con lo schianto in terra.

sabato 1 ottobre 2011

Terzo tempo


Notte invalida, stelle storpie che mi picchiano il bastone negli occhi, 
e la vecchiaia del cielo mi ammala la vista,
una cataratta millenaria si cala a sipario sull’adesso,
scende col suo broccato rosso a chiudermi l’istante.
Esce di scena tutto il presente,
primo e secondo atto dietro le quinte.
Non vedo più niente, sola sul palco.Per un terzo tempo che non esiste.